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Fonte: Il Pensiero.
Di Paola Mariano.

Le aree del cervello del piacere e della gratificazione
(implicate anche nelle tossicodipendenze)
si confermano essere alla base del potere della pubblicità 


...e della sua forza di indirizzarci nelle preferenze; in queste regioni si sviluppano i meccanismi neurali con cui si innesca la preferenza per un certo prodotto.

Secondo quanto riferito sulla rivista Neuron da John O’Doherty, dell'University College London e del California Institute of Technology a Pasadena, l’attività neurale di questi centri, mesencefalo ventrale e striato ventrale, è strettamente legata alle scelte che facciamo ogni giorno.

Le persone preferiscono un determinato prodotto in larga misura imparando ad associare ad esso una rappresentazione predittiva della sua qualità. In pratica la preferenza scatta perché nel nostro cervello si è radicata l’associazione tra quel prodotto, per esempio un cibo, e qualcosa come la sua marca oppure ancora l’associazione del prodotto a uno stimolo che ci arriva dallo spot che lo reclamizza e che ci ha condizionati.

Questi meccanismi di associazione sono in larga parte responsabili dell’efficacia e del potere della pubblicità.

I neurologi hanno capito in quali aree del cervello essi si sviluppano studiando l’attività cerebrale di un gruppo di soggetti con la risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI).

Nella prima parte dello studio i ricercatori hanno verificato quale fosse la preferenza al gusto rispetto a succhi di frutta di diverso sapore: ribes nero, pompelmo, melone, carota. Poi, hanno creato sui soggetti un condizionamento Pavloviano, ovvero li hanno sottoposti a certi stimoli (figure geometriche che apparivano improvvisamente su uno schermo e a cui seguiva un piccolo getto di succo di frutta di uno dei quattro gusti a seconda della forma geometrica) ripetutamente per creare un’associazione inconscia tra lo stimolo (le figure) e il succo di un certo sapore.

Dopo una serie di ripetizioni che garantiscono il condizionamento inconscio dei soggetti (ovvero che determinano l’associazione tra il gusto del succo e un certo stimolo), gli esperti hanno osservato il cervello dei volontari con la fMRI ed hanno visto che le aree che si accendono in seguito all’instaurarsi dell’associazione sono quelle del mesencefalo ventrale e dello striato ventrale.
Nella prima posizione si ha un picco di attività quando il succo “schizzato” nella bocca del volontario è del gusto che lui preferisce; più il gusto è preferito, maggiore è l’attività di quest’area quando un piccolo sorso arriva in bocca. Nella seconda, invece, si hanno due picchi di attività in concomitanza con il sorso di succo col gusto preferito e con quello che invece piace meno.

Da tempo è noto agli esperti che associare prodotti di una marca con altri stimoli gratificanti o appetitivi, attraverso un semplice meccanismo di condizionamento, permette di modulare e indirizzare le preferenze del consumatore, un processo che spiega in gran parte da dove nasce il potere della pubblicità.

La principale implicazione di questo studio è però che fornisce un’idea di come certe rappresentazioni apprese attraverso il condizionamento inducano un’attività cerebrale che poi è legata direttamente al comportamento di scelta o preferenza di uno rispetto ad altri prodotti.

Fonti: O’Doherty et al. Predictive Neural Coding of Reward Preference Involves Dissociable Responses in Human Ventral Midbrain and Ventral Striatum. Neuron 2006;49:157-166


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(Roma) 6.200 decessi femminili registrati solo quest'anno.
Un numero impressionante, eppure le “bionde” attirano sempre più donne, consapevoli che il cancro al polmone potrebbe diventare per loro il 'killer' numero uno

A lanciare l'allarme è stato ieri Onda, l'Osservatorio nazionale sulla salute della donna, che a Milano ha promosso un incontro per parlare della nuova emergenza salute.
Un trend in aumento vertiginoso, che in trent’anni ha visto triplicare annualmente il numero di donne morte per cancro ai polmoni. Erano, infatti, 2.300 donne quelle colpite e morte a causa del fumo negli Anni 70, e le stime per il futuro sono davvero drammatiche.
Entro il 2010 potrebbe verificarsi addirittura il 'sorpasso' sulle vittime del tumore al seno, uno dei carcinomi più diffusi nella popolazione femminile.
Le donne, hanno denunciato gli esperti sono a rischio: in questi anni, infatti, è in crescita l'esercito di fumatrici.

“Donne che identificano il fumo come un simbolo di emancipazione e ad esso abbinano anche uno stile di vita poco salutare. "La donna di oggi - spiega Francesca Merzagora, presidente di Onda - ha alle spalle un vissuto più complicato dell'uomo. Non solo figli e casa, ma anche lavoro. E la sigaretta è divenuta per lei l'alleato migliore per vincere ansie e stress legati a questo 'triplo ruolo'". Un vizio che potrebbe rivelarsi fatale e che sicuramente incide sulla qualità della vita delle donne. "Le fumatrici - continua la presidente di Onda - sono nel 50% dei casi più soggette ad avere mestruazioni dolorose, ad andare in menopausa più precocemente e ad avere maggiori difficoltà nel concepimento". A queste dinamiche si aggiunge anche la maggiore predisposizione genetica a sviluppare il cancro al polmone.

Studi recenti stanno, infatti, confermando l'incidenza del fattore genetico sulla mortalità femminile per carcinoma polmonare. L'ipotesi e' che questa predisposizione possa essere legata ad alcune proteine implicate nel metabolismo delle sostanze cancerogene e ad alcuni recettori ormonali.

A registrare il record di decessi femminili è proprio la città che ha ospitato l’incontro Milano ha, infatti, un triste primato: il tasso di donne fumatrici e' nettamente superiore alla media italiana (19,2% contro 17,6% del resto del Paese), con un aumento del rischio di mortalità di oltre il 77,6%.

"Il problema allarmante – ha sottolineato Gianni Ravasi, presidente della sezione provinciale Lilt (lega italiana per la lotta contro i tumori) di Milano – è che il fumo e' sempre di più in aumento nella popolazione femminile, proprio quella con la maggiore predisposizione genetica verso il tumore del polmone.
Lavorare per la prevenzione e per sostenere percorsi di disassuefazione deve essere quindi l'obiettivo comune di tutti gli operatori sanitari."

Da Delta News.




Roma, 9 nov. (Adnkronos.com Salute) - Cartellino giallo per la pillola contraccettiva. Assumerla per evitare gravidanze indesiderate aumenta sì il rischio di cancro alla cervice uterina, ma il pericolo regredisce una volta smesso il farmaco. A sostenerlo una ricerca internazionale, guidata dall'ateneo di Oxford, che ha guadagnato le pagine della rivista Lancet.

Lo studio, condotto su 52 mila donne che avevano partecipato a 24 ricerche realizzate in passato, comprova che dopo 10 anni di stop dall'assunzione del farmaco il rischio di ammalarsi di cancro al collo dell'utero è lo stesso tra le donne che assumevano la pillola, più esposte a sviluppare questa neoplasia, e quelle che non l'hanno mai presa.

Il pericolo, in altre parole, è reversibile. E compensato, aggiunge l'equipe internazionale, dal fatto che assumere la pillola per evitare l'arrivo della cicogna riduce il rischio di ammalarsi di cancro al seno e alle ovaie. Inoltre, il maggior pericolo di ammalarsi di tumore alla cervice uterina è relativamente basso. Nel Regno Unito, stimano i ricercatori, questa neoplasia colpisce 3,8 donne ogni 1.000, mentre le malate diventano 4 ogni 1.000 a 5 anni dall'assunzione del contraccettivo. Si arriva, infine, a un'incidenza di 4,5 per 1.000 dopo 10 anni di pillola.

Approfondite nella sezione Prevenzione Tumori del Sentiero.

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