Fonte:
La7.
La mente vaga e cambiano connessioni cerebrali.
Bisogna usare il più possibile il nostro cervello, perché, quando la mente "vaga" , è segno che in quel momento ci si annoia e il cervello si disconnette. Lo dice Daniel Weissmann, Università del Michigan, Ann Arbor, che ha scoperto che non solo l'attività delle diverse regioni cerebrali cambia quando l'attenzione viene meno , ma che, avvengono dei cambiamenti anche nella comunicazione tra le diverse aree cerebrali.
Weissman ha analizzato con la risonanza Magnetica funzionale l'attività cerebrale di un gruppo di volontari ai quali aveva chiesto di passare un'ora ad identificare delle lettere che apparivano e scomparivano velocemente, come dei flash, su uno schermo posto dinnanzi a loro.
Con il passare del tempo lo scienziato osservava che le reazioni cerebrali dei soggetti rallentavano, segno che l'attenzione stava scemando. Durante questi "abbassamenti" dell'attenzione, anche la comunicazione tra le regioni cerebrali deputate all'autocontrollo, alla visione e al linguaggio si spegnevano poco a poco.
"Durante il test, a causa della noia , l'attenzione non 'oliava' più le connessioni cerebrali - ha spiegato Weissman che ha presentato il suo studio al "Neuroscience 2008", il 38mo incontro annuale della Società di Neuroscienze che si è svolto a Washington nel mese di novembre. "Questo vuol dire - precisa lo scienziato - che queste regioni si erano disconnesse".
L'attenzione, secondo Weissman, è come un amplificatore della comunicazione che si focalizza in determinati momenti solo sulle connessioni che collegano certe regioni del cervello. Quando questo amplificatore si sposta su un altro canale di connessioni,quindi cambia l'oggetto dell'attenzione, le altre si indeboliscono e la comunicazione tra le aree cerebrali rallenta e l'attenzione cade.
I ricercatori hanno anche notato che quando l'attenzione cade, si accende una particolare area cerebrale e hanno utilizzata come segnale per prevedere quando la mente si concentra su un altro obiettivo. "Questo studio dimostra - ha concluso Weissman - che in futuro si potranno usare i segnali cerebrali per prevedere un comportamento".