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La produzione di carne asseta e inquina il pianeta

scritto da Andrea Vitali 26/01/09



Il ciclo produttivo dell'alimento carne è il più insostenibile per il pianeta.

Nessuna attività produttiva destinata all'alimentazione umana è altrettanto costosa in termini di risorse idriche e inquinamento ambientale quanto l'allevamento di animali per la produzione di carne da macello.

E' quindi così strano che l'alimento carne sia anche il più controverso e 'inquinante' per la salute dell'essere umano?





La Carne e l' Acqua nel Mondo

Per 1 kg di carne servono 15-20mila litri d'acqua, per far crescere un pomodoro 13 litri, per un caffè 140. Lo dice allarmata la Fao: la domanda d’acqua crescerà sempre più e “causerà un’altra crisi globale”.
Ormai sono in molti ad affermarlo: mangiare meno carne contribuirebbe a diminuire notevolmente le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ne abbiamo già parlato in passato citando il National Institute for Agricultural Technology dell’Argentina. Oggi è la volta della tesi dell’economista indiano Rajendra Pachauri, presidente del Gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC).

Lo scorso 8 settembre a Londra Pachauri ha presentato un documento dal titolo “Riscaldamento globale: l’impatto sui cambiamenti climatici della produzione e del consumo di carne”.
Secondo l’economista produrre 1 kg di carne ha tantissimi costi in termini ambientali: si emettono ben 36,4 chili di anidride carbonica; si rilasciano nell’ambiente sostanze fertilizzanti pari a 340 grammi di anidride solforosa e 59 grammi di fosfati. In pratica produrre un chilo di carne ha lo stesso impatto ambientale di un’auto media europea che percorre 250 chilometri!


La produzione di carne

D’altra parte produrre carne prevede una serie di attività che necessitano energia ed inquinano. Bisogna organizzare trasporti che rispettino la catena del freddo, nei supermercati sono necessari frigoriferi, è necessario un packaging adeguato per offrire il prodotto ai consumatori i quali, poi, consumeranno dell’altra energia per cucinare la carne e produrranno dei rifiuti per smaltire gli avanzi.
Nel suo studio Pachauri esamina anche l’impatto dell’allevamento in termini di sfruttamento del suolo. In particolare, il settore zootecnico sfrutta il 30% delle terre del pianeta e il 70 % di quelle destinate all’agricoltura. Il 70% della foresta amazzonica ormai scomparsa è ora occupato da pascoli e campi coltivati a foraggio. Una produzione, quest’ultima, che preoccupa gli esperti perché determina sovrasfruttamento del suolo.

Produrre carne necessita, inoltre, di una quantità di acqua maggiore rispetto ad altre produzioni vegetali. Ecco qualche esempio. Per ottenere un chilo di mais sono necessari 900 litri di acqua; per un chilo di riso 3.000 litri; per un chilo di pollo 3.900 litri; per un chilo di maiale 4.900 litri e per un chilo manzo ben 15.500 litri di acqua!


PERCHE' SERVE TANTA ACQUA PER PRODURRE CARNE?

La premessa da fare, per comprendere i motivi dell'impatto delle nostre scelte alimentari sul consumo d'acqua, riguarda il fatto che gli animali d'allevamento sono "fabbriche di proteine alla rovescia".
Infatti, gli animali consumano molte più calorie, ricavate dai vegetali, di quante ne producano sottoforma di carne, latte e uova: come "macchine" che convertono proteine vegetali in proteine animali, sono del tutto inefficienti.
Il rapporto di conversione da mangimi vegetali dati agli animali a "cibo animale" per gli umani varia da 1:30 a 1:4, a seconda della specie animale, vale a dire: per produrre 1 kg di carne servono da 4 a 30 kg di vegetali coltivati appositamente. Per la loro coltivazione serve acqua. Per dar da bere agli animali serve acqua. Per pulire stalle e macelli serve acqua.


Dalle Istituzioni e dal Mondo Scientifico

In organizzazioni come l'OMS, la FAO e la Banca Mondiale, aumenta sempre di più la preoccupazione per l'impatto dell'allevamento industriale sull'utilizzo delle terre coltivabili e conseguentemente sulla possibilità o meno di nutrire il mondo in modo efficiente.
Esse affermano: "L'aumento del consumo di prodotti animali in paesi come il Brasile e la Cina (anche se tali consumi sono ancora ben al di sotto dei livelli del Nord America e della maggior parte degli altri paesi industrializzati) ha anche considerevoli ripercussioni ambientali. Il numero di persone nutrite in un anno per ettaro varia da 22 per le patate, a 19 per il riso fino a solo 1 e 2 persone rispettivamente per il manzo e l'agnello. Allo stesso modo, la richiesta d'acqua diventerà probabilmente uno dei maggiori problemi di questo secolo. Anche in questo caso, i prodotti animali usano una quantità molto maggiore di questa risorsa rispetto ai vegetali." [WHO/FAO2002].

L'acqua richiesta per produrre vari tipi di cibo vegetale e foraggio varia dai 500 ai 2000 litri per chilo di raccolto prodotto. Il bestiame utilizza in modo diretto solo l'1,3% dell'acqua usata in totale in agricoltura; tuttavia, se si prende in considerazione anche l'acqua richiesta per la coltivazione dei cereali e del foraggio per uso animale, la quantità d'acqua richiesta è enormemente più elevata. Per 1 kg di manzo da allevamento intensivo servono 100.000 litri d'acqua (200.000 se l'allevamento è estensivo); per 1 kg di pollo, servono 3500 litri d'acqua, 2000 per la soia, 1910 per il riso, 1400 per il mais, 900 per il grano, 500 per le patate. [Pimentel1997]

Il direttore esecutivo dell'International Water Institute di Stoccolma, ha dichiarato "Gli animali vengono nutriti a cereali, e anche quelli allevati a pascolo richiedono molta più acqua rispetto alla produzione diretta di grano. Ma nei paesi sviluppati, e in parte in quelli in via di sviluppo, i consumatori richiedono ancora più carne [...]. Ma sarà quasi impossibile nutrire le future generazioni con una dieta sul genere di quella che oggi seguiamo in Europa occidentale e nel Nord America". Ha aggiunto inoltre che i paesi ricchi saranno in grado di aggirare il problema importando acqua virtuale, il che significa importare cibo (mangime per animali o carne) da altri paesi, anche da quelli che non hanno abbastanza acqua. [Kirby2004]






La Carne consuma ed INQUINA L'ACQUA

Altro problema: lo smaltimento di deiezioni prodotte dagli animali degli allevamenti intensivi.
Le deiezioni liquide e semi-liquide del bestiame contengono livelli di fosforo e nitrogeno al di sopra della norma, perché gli animali possono assorbire solo una piccola parte della quantità di queste sostanze presenti nei loro mangimi.

Quando gli escrementi animali filtrano nei corsi d'acqua, il nitrogeno e fosforo in eccesso in essi contenuto rovina la qualità dell'acqua e danneggia gli ecosistemi acquatici e le zone umide.
Circa il 70-80% del nitrogeno fornito ai bovini, suini e alle galline ovaiole mediante l'alimentazione, e il 60% di quello dato ai polli "da carne" viene eliminato nelle feci e nell'urina e finisce nei corsi d'acqua. [CIWF2004]


Un anno intero di acqua per soli 5 kg di carne

Per concludere, un dato emblematico, che fa riflettere: il settimanale Newsweek ha calcolato qualche anno fa che per produrre soli cinque chili di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media americana in un anno (5 kg di carne non bastano a coprire il consumo di una settimana, per la stessa famiglia!).
Perciò è chiaro che la prima cosa da fare, per risparmiare davvero acqua, è diminuire i consumi di alimenti animali, privilegiando il consumo diretto di vegetali (cereali, legumi, verdura, frutta, nelle migliaia di possibili ricette appetitose che si possono preparare): come singola azione da compiere è la più potente in assoluto, molto di più di qualsiasi altra azione di risparmio il singolo cittadino possa intraprendere.
D'altro canto, è noto che l'attuale consumo di alimenti animali è di molto superiore al massimo consigliato dall'Istituto Mondiale per gli studi sul Cancro (World Cancer Institute), che consiglia, nelle sue linee guida per la prevenzione del cancro, di non consumare più di 80 grammi al giorno di carne rossa, il che significa 30 kg l'anno come MASSIMA quantità di carne rossa ammessa. In Italia, ogni anno si consumano mediamente 62 kg di carne rossa pro-capite, più 30 kg di altra carne, quindi il doppio rispetto al massimo consigliato.


Modificando le nostre abitudini alimentari, 
faremmo molto per l'ambiente.
Faremmo un gran regalo alla nostra salute
e al futuro dei nostri figli


Fonti:
[CIWF2004] CIWF, "The global benefits of eating less meat", CIWF Trust, 2004
[Kirby2004] Alex Kirby, "Hungry world 'must eat less meat'", BBC News Online, August 15 2004
[Pimentel1997] Pimentel D., Houser J., Preiss E., White O., "Water Resources: Agriculture, the Environment, and Society", Bioscience, February 1997 Vol. 47 No. 2.
[WHO/FAO2002] WHO/FAO, Diet, nutrition, and the prevention of chronic disease. Report of the Joint WHO/FAO expert consultation, 26 April 2002.






3 commenti

  1. BRUNIVERSO scrive:
  2. Da: [Bioagricoltura Notizie] Anno VII, Numero 37, 30 ottobre 2009

    Mangiare meno carne, mangiarla bio, fa bene al mondo e alla salute
    Di tanto in tanto quello che noi sostenitori dell'agricoltura biologica raccontiamo da anni, a volte inascoltati, raggiunge anche le grandi masse dell'opinione pubblica. Quando succede è una soddisfazione che ripaga un lavoro di informazione e formazione duro, spesso silenzioso e molte volte attaccato con malafede.
    È il caso, ad esempio, delle recenti ricerche rimbalzate sui diversi giornali che dimostrano il grosso impatto dell'alimentazione a base di carne sull'equilibrio del ecosistema mondiale, e di contro l'impatto ben più ridotto di una dieta biologica e sostenibile.
    Secondo gli scienziati americani Robert Goodland e Jeff Anhang, co-autori di Livestock and Climate Change, studio pubblicato sull’ultimo numero dell’autorevole World Watch magazine, oltre metà dei gas serra (o GHG) prodotti oggi dall’uomo sono emessi dagli allevamenti industriali di bestiame. Per la precisione, il bestiame e i suoi sottoprodotti immettono nell’atmosfera oltre 32.6 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio all’anno, ovvero il 51 % delle emissioni di GHG prodotte annualmente nell’intero pianeta. Ben più dell'inquinamento da gas serra dovuto a industrie e trasporti.
    Negli stessi giorni, viene pubblicata un'altra ricerca condotta da Nathan Pelletier della Dalhousie University in Canada: Secondo lo studio, a un chilo di carne bovina corrisponde l’emissione nell’atmosfera di una quantità di gas serra pari all’effetto di 16 chili di anidride carbonica.
    Cosa c'entra questo la produzione biologica? Molto, anzi moltissimo. L’agricoltura biologica è un’alternativa a quella convenzionale anche dal punto di vista dei problemi posti dai cambiamenti climatici, sia per quanto riguarda la minore emissione di gas serra sia per i minori consumi energetici, sia per la maggior capacità dell’agricoltura biologica di adattarsi ai cambiamenti. Nel caso specifico del settore zootecnico, un lavoro fatto negli Usa da ricercatori dell’Usda (Dipartimento d’agricoltura degli Stati Uniti), del Rodale Institute e della Cornell University, tra i quali Pimentel e Nichols, conclude come un terreno biologico con allevamento, coltivato a frumento, mais, medica da foraggio e soia, e che usa il compost prima del mais, trattiene in media 1218 chili di carbonio per ettaro all’anno, con un beneficio per il clima quasi sei volta superiore all’agricoltura convenzionale che non può contarew sul fertilizzante naturale, tra le altre cose.
    Interessante anche uno studio realizzato in Austria da Freyer e Weik, dell’Università di Vienna – Boku, su come i differenti sistemi agricoli e i diversi modelli alimentari influenzano l’emissione di gas serra. Gli autori ipotizzano quattro scenari incrociando modello agricolo (convenzionale e bio) e stile alimentare della popolazione (corrente e corretto secondo le direttive dell’Oms), calcolando la relativa emissione di CO2 equivalente. Lo stile alimentare corrente è un’alimentazione ricca di proteine animali mentre, per stile alimentare corretto l’organizzazione mondiale della sanità intende una dieta con aumento di cereali, frutta, verdura e proteine vegetali, con diminuzione di carne e altri prodotti animali rispetto allo stile corrente. Considerando che in media un uomo che si nutre con cibo da agricoltura convenzionale, senza seguire i consigli dell’Oms, consuma 644 chili all’anno di prodotti freschi, si calcola che comporti l’emissione di 1230 chili di CO2 equivalente annui. Gli basta passare al bio per risparmiare il 30% di emissioni. In più, avendo seguito uno stile alimentare corretto e mangiato bio, avrà risparmiato al clima già sofferente il 39,7% di emissioni.
    Ed è proprio quello che sostiene Aiab: mangiare meno carne, proveniente da allevamenti bio, aiuta la salute dell'uomo e dell'ambiente.

    Caterina Santori – Responsabile settore Zootecnico AIAB

     
  3. Anonimo scrive:
  4. MA tutto questo è spaventoso! Come SI PUò vivere all'oscuro di queste informazioni o PEGGIO fare finta che non ci tocchi in prima persona? Come possiamo orientarci in un sistema in cui sin da piccoli ci riempono di prosciutto, carne, formaggi nemmeno fossimo noi i VITELLI all'ingrasso? NO, tutto questo è troppo assurdo. Poi una prova a spostarsi e a prendere una via alternativa, comprare robba di qualità e passa lei per demente, strana, commiserata! Oppure trovi quelli che si, ti danno ragione in tutto e poi si esce e si fanno 3 salamelle coi crauti perchè tanto cosa vuoi che facciano..

    BASTA, mi sento intollerante, sanamente intollerante. E se questo è il mondo io voglio scendere, STOOOOOP!

    Letizia
    Macerata (MC)

     
  5. Andrea Vitali scrive:
  6. Cara Letizia, possiamo solo..FARE!

    Come si dice in questi casi: "diventare quel cambiamento che desideriamo". Certo, diventare è ben diverso da raccontare..
    E poi divulgare il più possibile le idee in cui crediamo senza rinunciare alla libertà di praticarle. Indipendentemente da chi non le condivide o comprende.

    E mi raccomando, non scendere! Che il mondo ha bisogno di TUTTI!!!

    Un abbraccio,
    Andrea

     

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