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Mucolitici ai bambini? No grazie!

scritto da Andrea Vitali 22/12/10 7 commenti


Mentre prosegue la campagna di sensibilizzazione sull'abuso di antibiotici, di cui abbiamo riferito nell'articolo sulla resistenza agli antibiotici, l'ufficio di farmacovigilanza dell'AIFA punta i propri riflettori sui farmaci mucolitici. Si tratta di farmaci da banco (senza obbligo di ricetta) molto diffusi e utilizzati in caso di tosse e bronchiti per fluidificare e sciogliere il catarro.
L'Agenzia Italiana del Farmaco in una nota ha dichiarato i mucolitici controindicati nei bambini al di sotto dei 2 anni di età.

La decisione è stata presa a seguito di numerosi casi occorsi a seguito dell'uso di mucolitici quali: peggioramento grave dell'ostruzione bronchiale nei bambini piccoli, associato ad aumento della tosse, dispnea, difficoltà respiratoria e vomito viscoso.

La raccomandazione è rivolta tanto ai consumatori quanto a medici e farmacisti.



I principi attivi presenti nei farmaci mucolitici coinvolti dal provvedimento sono: acetilcisteina, carbocisteina, ambroxolo, bromexina, sobrerolo, neltenexina, erdosteina e telmesteina.

Sopra i 2 anni di età, sempre secondo l'AIFA, l'uso dei mucolitici è possibile a patto che il trattamento non sia prolungato o si riscontri un peggioramento dei sintomi.

Ora, noi si parte un po' prevenuti non c'è dubbio, ma se un farmaco è controindicato per un bambino sotto ai 2 anni provocando ogni sorta di reazione...perchè mai lo si dovrebbe prendere in considerazione in qualsiasi altra fascia di età? E con tutte le possibilità naturali che abbiamo a disposizione!


RIMEDI NATURALI PER TOSSE E CATARRO 

La tosse, spesso associata all'infezione delle vie respiratorie, è un riflesso meccanico naturale e necessario del nostro sistema immunitario. A tutti gli effetti un 'segno' del processo di autoguarigione dell'organismo. Eccetto che in casi di estrema gravità è possibile accompagnare questa manifestazione in modo del tutto naturale.

Di seguito un elenco di alcuni rimedi naturali efficaci e alla portata di tutti.

L'acqua è l'elemento che non deve assolutamente mancare.
La prima e più efficace indicazione è il lavaggio del naso con soluzione fisiologica o marina isotonica, utilissimo all'occorrenza nei casi di ostruzione e tosse ma anche come forma di prevenzione da effettuare tutte le sere prima di coricarsi.

In caso di tosse e catarro è importantissimo reidratare l'organismo bevendo frequentemente acqua, tisane (camomilla, decotto di radice di liquirizia, frutta.

Nell'ambiente domestico bisognerebbe evitare temperature elevate e assicurarsi di umidificare correttamente l'aria: ad esempio mettendo un contenitore d'acqua e olii essenziali (singolarmente: eucalipto, tea tree, timo, rosmarino, lavanda, solo per citarne alcuni) su ogni termosifone.

Un'altro mucolitico naturale e alla portata di tutti è il suffumigio, l'inalazione di vapore. Il vapore, di per se utile, diventa ancor più efficace diluendo nell'acqua poche gocce di olio essenziale di melaleuca o tea tree oil. Qualora i suffumigi non fossero graditi è possibile veicolare lo stesso tea tree oil in olio vegetale e spalmarlo sul petto.

L'aria dev'essere cambiata spesso e per nessuna ragione è indicato esporre un soggetto in difficoltà respiratoria al fumo passivo.

A tavola infine, in caso di catarro e tosse (ma anche in generale...), è opportuno limitare o evitare del tutto:

- latte e derivati;
- prodotti confezionati (contenenti grassi idrogenati);
- dolci;
- nervini eccitanti (caffè, thè, cioccolata);
- bevande gassate;
- zuccheri raffinati o di sintesi (aspartame).


Stile di vita corretto e alimentazione sana e naturale sono in grado di ridurre notevolmente l'insorgenza dell'ipertensione arteriosa.

In Italia soffre di pressione elevata circa il 30% della popolazione con picchi del 50% tra le donne in menopausa. Nel mondo ne soffre circa un miliardo di persone. 

Pur presentandosi spesso senza segni e sintomi evidenti, l'ipertensione arteriosa è una malattia in senso stretto, responsabile di buona parte delle patologie cardio-vascolari (aterosclerosi, infarto, ictus), prima causa di morte nei paesi più evoluti.



IPERTENSIONE ARTERIOSA E STILE DI VITA

L'ipertensione arteriosa è particolarmente diffusa nei paesi più sviluppati e pressocchè sconosciuta nei paesi del terzo mondo.

Buona parte dei casi di ipertensione arteriosa è infatti riconducibile a cattive abitudini alimentari e a uno stile di vita sedentario e poco sano, tipici della società dei consumi.

La pressione arteriosa andrebbe tenuta sotto controllo sin dalla giovane età.
Lo stato di equilibrio può essere mantenuto evitando di 'cadere' nelle abitudini che ne favoriscono l'insorgenza.

Elenchiamo di seguito poche, importanti, regole di comportamento:

- evitare fumo, droghe e sostanze stupefacenti in genere;
- praticare attività fisica regolarmente e a tutte le età;
- evitare vita frenetica e stress prolungati;
- tenere sotto controllo il peso corporeo;
- fare attenzione ai farmaci in grado di indurre ipertensione (antiulcera, antidepressivi e contraccettivi orali);

- seguire un'alimentazione sana e naturale.

Sviluppando ulteriormente l'ultimo punto, ecco le principali indicazioni da osservare a tavola:
 
- evitare di mangiare più del dovuto;
- moderare il consumo di alcolici;
- ridurre il consumo di sale (evitando il cloruro di sodio, il comune sale da tavola);
- sostituire il sale con erbe e spezie (ad esclusione del pepe);
- ridurre o evitare alimenti eccitanti (caffè, thè, cioccolata);
- ridurre o evitare i grassi saturi (quelli di origine animale);
- mangiare molta frutta e verdura cruda (per l'elevato contenuto di potassio);
- evitare insaccati e cibi conservati;
- evitare carboidrati e zuccheri raffinati (pane, pasta, merendine, bibite);

Ancora una volta va sottolineata l'importanza della prevenzione, adottando l'alimentazione e lo stile di vita più corretto, specialmente laddove nella 'storia familiare' siano presenti casi di ipertensione arteriosa.

Laddove l'ipertensione fosse già conclamata e in presenza di cure farmacologiche per il contenimento della pressione arteriosa, le stesse regole favoriranno l'efficacia delle cure stesse portando, se adottate quotidianamente, alla riduzione del supporto farmacologico.

Eccesso di igiene e allergie

scritto da Andrea Vitali 30/11/10 4 commenti


Eccedere nell'igiene personale può nuocere alla salute, in particolare se si viene a contatto sin da piccoli a prodotti per l'igiene contenenti triclosan.
A sostenerlo è l'università del Michigan in una recente pubblicazione sull' Enviromental Health Perspectives. Non si tratta del primo studio, nè sarà l'ultimo, a sollevare la cosiddetta 'ipotesi igienica', un mix di teorie e studi che mettono in relazione l'eccesso di igiene tipico del mondo 'sviluppato' con la depressione del sistema immunitario e l'insorgere sempre più frequente di patologie associate.



ECCESSO DI IGIENE E TRICLOSAN


Il triclosan è presente in moltissimi saponi, dentifrici, antisettici del cavo orale e detersivi per la casa, ma lo si trova anche in pannolimi, assorbenti e strumenti medici.
Lo studio mostra come le persone che utilizzino regolarmente saponi antibatterici al triclosan siano molto più soggette allo sviluppo di allergie di ogni specie e riniti allergiche. Il triclosan fa anche parte dell'elenco di sostanze chimiche sospettate di causare il tumore al seno.

Alla base del rischio il fatto che il triclosan fa parte di un insieme di inquinanti ambientali con effetto distruttivo sul sistema endocrino. Da qui le conseguenze sulla salute umana e sulla produzione ormonale.
La 'scoperta' sta mettendo in subbuglio la comunità scientifica e soprattutto i consumatori, che ancora una volta si sono visti mentire (ma noi siamo convinti che si tratti del tipico esempio di ignoranza da presunzione tipica del mondo scientifico) circa la pericolosità di certe sostanze chimiche anche a bassi dosaggi.

Questo studio conferma che la tendenza ad igienizzare eccessivamente l'ambiente in cui si vive e la persona, impedisce al sitema immunitario di venire a contatto con microorganismi utili al suo stesso sviluppo. Specialmente se ciò accade a partire dall'infanzia.
Non è quindi un caso se certe patologie, quali allergie e altre tipologie di immunodeficienze, siano meno frequenti nei paesi in cui le condizioni igieniche lasciano apparentemente a desiderare.

Alimenti della Salute: i Cachi

scritto da Andrea Vitali 26/11/10 6 commenti



L'autunno della Natura è generoso e sa regalare doni straordinari a chi ne rispetti i tempi e significato profondo.
Frutti, semi e verdure, alimenti in perfetta sinergia nutrizionale ed energetica con le necessità psicoemofisiche dell'uomo.
Il cachi (kaki) è il frutto di un particolare albero, di origine orientale molto antica assai diffuso in Giappone e in Cina. Tipico della stagione autunnale, arriva sulle nostre tavole a partire dalla seconda metà di settembre fino almeno a tutto novembre.
La sua polpa è dolce e morbida, il sapore delicato e gustosissimo .
E' un frutto ricco di zuccheri, vitamine e sali minerali, caratteristiche che ne fanno un alimento che: da energia, disintossica, tonifica e protegge (grazie alla sua preziosa azione antiossidante) da malattie e invecchiamento precoce.
   

CACHI: PROPRIETA' NUTRIZIONALI E SALUTE

Il cachi è un frutto che a completa maturazione contiene elevate quantità di zuccheri semplici, assorbiti immediatamente dall'organismo umano, principalmente sotto forma di fruttosio e glucosio. Questo lo rende poco indicato a chi abbia problemi di obesità o diabete.

E', tra i frutti autunnali, il più ricco in beta-carotene, potente antiossidante che protegge dalle malattie cardiovascolari, da alcuni tipi di tumore e rafforza del sistema immunitario.

- Lo stesso betacarotene è il  pigmento responsabile del brillante e luminoso color arancione del frutto.
Il betacarotene è anche precursore della vitamina A, necessaria al nostro organismo per la protezione della pelle e delle mucose, per l'accrescimento osseo, dei denti, di unghie e capelli.

- Il cachi contiene buone quantità di vitamine C e P, utili a prevenire le malattie da raffreddamento e a dare maggior elasticità a vene e capillari.

- Il cachi è ricco di fibre, utili alla funzionalità intestinale e particolarmente indicate in caso di stipsi.

Nel cachi sono ben rappresentati sali minerali come:

- potassio, indispensabile per la regolarizzazione del pH sanguigno, della pressione arteriosa e dell'attività muscolare
- calcio, importantissimo per le ossa;
- fosforo, necessario come il calcio per le ossa ed essenziale componente di importanti catene proteiche e lipidiche;
- selenio, altro antiossidante prezioso per contrastare malattie e invecchiamento.

Il cachi contiene inoltre buone quantità di ferro, calcio, rame, manganese e magnesio.
Un discorso a parte meritano i tannini, astringenti naturali, maggiormente presenti nel frutto non ancora maturo: questo fa si che consumare i cachi quando la polpa è ancora soda lo rende particolarmente astringente (tipica la sensazione di bocca 'legata'), mentre a piena maturazione quando la polpa si fa gelatinosa, regola la funzione intestinale.


Le sostanze contenute nella polpa del cachi, quali tannini, potassio e calcio, rendono questo splendido frutto un ottimo rimedio per combattere le astenie derivanti da un cattivo funzionamento del fegato (straordinario: l'astenia è una sindrome da stanchezza caratteristica della stagione autunnale, l'autunno ci offre frutti e semi oleosi che aiutano a combattere con i loro preziosi equilibri nutrizionali questa sindrome).

I cachi, per il loro contributo energetico e in potassio, sono particolarmente indicati per bambini, persone che svolgono attività sportiva e per le sue qualità di ricostituente nei casi di debilitazione, inappetenza e convalescenza.


Si noti che un colore come l'arancione viene percepito anche dal nostro cervello come stimolante e possa contribuire all'attivazione dei meccanismi dell'appetito.
Hanno azione rinfrescante, emolliente, regolatrice delle funzioni intestinali e depurativa, in particolare per quanto riguarda le tossine immagazzinate dal fegato.
Inoltre i cachi hanno un'efficace funzione diuretica e stimolano l'organismo a liberare i liquidi in eccesso.

Una semplice cura depurativa e per la protezione del fegato consiste nell'assunzione di un cachi al giorno, possibilmente a digiuno o comunque lontano dai pasti principali, da protrarre per tutta la stagionalità del frutto. Per contrastare la ritenzione idrica sarà sufficiente osservare l'accortezza di assumere il cachi al mattino a digiuno qualche minuto prima della colazione.


CACHI PER IL CUORE E L'IPERTENSIONE

C'è una relazione molto 'speciale' tra il frutto del cachi e il cuore.
La 'bacca' di color arancione intenso, a volte vicina al rosso, può ricordare un organo cardiaco in piccolo. La sua costituzione in particolare, caratterizzata da quattro lobi separati da membrane, come quattro sono le cavità da cui è costituito il cuore.
Questa somiglianza simbolica trova sorprendenti conferme nella relazione tra il cachi alimento e la funzione cardiocircolatoria.
La pectina, sostanza presente in abbondanza nel cachi, aiuta l'organismo a ridurre la quantità di colesterolo nel sangue. La grande quantità di zuccheri è altrettanto importante per il sistema cardiocircolatorio.

Chi soffre di ipertensione è spesso obbligato ad assumere farmaci diuretici in quanto l'espulsione di liquidi riduce la pressione arteriosa. Ma con i liquidi vengono eliminati preziosi sali minerali, potassio in particolare, che a sua volta è necessario compensare mediante l'assunzione di...altri farmaci.

Un serpente che si morde la coda, un loop che può essere interrotto da un 'semplice' rimedio naturale, in questo caso un frutto, in grado di abbinare l'efficace azione diuretica, utile alla riduzione della pressione arteriosa, con un significativo apporto di potassio.


CACHI IN TAVOLA

Non tutti amano la vischiosità della polpa del cachi, in questo caso è sufficiente passarli al passaverdura per creare una squisita crema a cui unire del succo di limone. Con il cachi è possibile preparare un'otttima marmellata o, per i più golosi, un delizioso dessert da preparare sbucciando il cachi, frullandone la polpa che andrà sistemata in coppette e poi guarnita con cioccolato fondente grattuggiato. 


CACHI E COSMESI

La polpa matura del cachi può essere utulizzata a scopo cosmetico per preparare una maschiera facciale. Infatti la notevole quantità di betacarotene che contiene rende la pelle del ciso più luminosa e curata.
A questo scopo basta schiacciare la polpa matura di un cachi e spalmarla sul viso lasciandola in posa per 15 minuti circa e rimuovere con acqua tiepida.


Perchè l'uomo beve il latte vaccino?

scritto da Andrea Vitali 11/11/10 76 commenti




L'uomo
è l'unico essere vivente che assume latte dopo lo svezzamento,
è l'unico essere vivente che assume il latte di un altro mammifero.
Perchè l'uomo beve il latte vaccino?



In questo articolo cercheremo di mettere in evidenza le contraddizioni che accompagnano il consumo di uno degli alimenti più amati e diffusi al mondo e dei derivati dell'industria casearia. Ci serviremo di passaggi logici e intuitivi, di dati oggettivi e di argomentazioni ancora troppo poco diffuse.


COS'E' IL LATTE?

La Natura ha dotato i mammiferi di ghiandole mammarie in grado di secernere e fornire ai propri cuccioli un liquido, il latte, necessario a garantire al 'lattante' tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno nella primissima parte della propria vita.

La stessa Natura, sapientemente, ha assemblato per ogni specie una specifica formulazione di questo super-alimento.
Il latte dei primati è prevalentemente acquoso e povero di grassi e proteine; un alimento adatto alla relazione di stretta dipendenza madre-neonato e a poppate molto frequenti e di modesta entità.
Il latte di tutti gli altri mammiferi è caratterizato da una densità alta e un contenuto proteico e lipidico molto elevato; questo trova spiegazione col fatto che le mamme si distaccano immediatamente dal cucciolo e passano la maggior parte del tempo distanti. Per cui nei brevi intervalli in cui si ricongiungono con il neonato devono erogare molta energia (che faccia anche da riserva) e saziarli in breve tempo.
Dopo lo svezzamento le ghiandole mammarie cessano naturalmente di produrre latte e il piccolo può cominciare progressivamente ad assumere gli alimenti adatti biologicamente alla propria specie.
Con l'interruzione dell'allattamento si riduce notevolmente anche la produzione di lattasi, enzima che consente di digerire il lattosio contenuto nell'alimento. La 'lattasi-insufficienza' è quindi responsabile della elevata quantità di intolleranze al lattosio.


Nessun mammifero in Natura prosegue a bere latte dopo lo svezzamento, tantomeno quello di altre specie.
Nessuno tranne l'uomo!
Il quale, oltre a continuare ad alimentarsi con una sostanza da neonati, lo fa consumando in abbondanza latte di mucca e formaggi, alimenti caratterizzati da una composizione sbilanciata per le necessità umane: in eccesso di proteine, grassi saturi, calcio, sali minerali e con rapporti svantaggiosi tra qualità di proteine e calcio/fosforo.
Non a caso il latte vaccino è destinato a far sviluppare un vitello fino al peso di 300 kg in pochi mesi!


 Il LATTE FA BENE ALLE OSSA?

Una delle leggende metropolitane sul latte più radicate e dure a morire è quella secondo cui il latte (e i formaggi, grana padano o parmigiano in testa) sia necessario all'alimentazione umana perchè '"fa bene alle ossa".
Consigliatissimo ai bambini per crescere bene, agli adulti per prevenire l'osteoporosi, a chiunque perchè si tratta di un alimento 'completo'!
Vediamo ora perchè le cose non stanno esattamente così.

Un classico esempio di plagio mediatico
Si tratta, nel solco della miglior tradizione manipolatoria, del classico esempio di sovvertimento della realtà.
Il latte contiene, come una miriade di altri alimenti, buone quantità di calcio. Ora, uno dei più importanti fattori nella perdita di calcio sono le diete sbilanciate sulle proteine (in particolare di origine animale), di cui il latte è ricco: il metabolismo delle proteine del latte determina infatti il 'sequestro' di quantità di calcio dalle ossa superiori a quelle apportate.

Questa dinamica elementare spiega perchè in paesi dove il consumo di latte è modesto o assente non si conoscono malattie come l'osteoporosi mentre nei paesi dove se ne fa largo uso l'osteoporosi colpisca con incidenza elevata.
Questa del sequestro del calcio è una caratteristica peculiare connessa all'assimilazione di proteine di origine animale e pertanto va associata anche al consumo di carne e pesce.


E così, ancora una volta, si rivela molto più importante evitare le 'dispersioni' piuttosto che aumentare l'apporto di calcio.

Si può quindi dedurre che il mantra che abbiamo sentito ripetere infinite volte, secondo cui "il latte fa bene alle ossa", si rivela quantomeno azzardato. Numerosi studi (in calce all'articolo una significativa bibliografia) lo confermano nonostante sul 'fronte' medico accademico continui a perdurare un assordante e colpevole silenzio in materia. Per contro, nessuno studio medico-scientifico ha mai dimostrato in modo chiaro alcuno degli eventuali benefici apportati dal consumo di latte e derivati.

Tornando al nostro funzionamento, il 'debito' generato quotidianamente dall'assunzione di proteine animali può esserre compensato fino all'incirca ai 35-40 annidi età dal metabolismo. A partire da questa età però la quantità di calcio richiesta dall'organismo dall'esterno è maggiore ed è necessario limitarne il più possibile le perdite.
Una vita sana, il movimento fisico regolare e un' alimentazione naturale equilibrata garantiscono il mantenimento dello stato di salute e un'eccellente prevenzione contro l'osteoporosi.


Ma se elimino il latte, da quali alimenti lo prendo il calcio?

Il calcio è presente ovunque, nell'acqua che beviamo ad esempio. Le erbe officinali sono ricchissime di calcio (salvia, rosmarino, basilico). Cereali e pane integrali, verdura e legumi, semi oleosi contengono mediamente più calcio di quanto ne contenga il latte!
Del calcio (così come delle vitamine) bisogna preoccuparsi esclusivamente se si è soliti consumare regolarmente proteine di origine animale: latticini, carne e pesce.
C'è anche da sottolineare che un organismo sano è in grado di mantenere in equilibrio la concentrazione di calcio indipendentemente da quanto se ne assume.

Per alcuni ricercatori esiste concretamente la possibilità di una sintesi, o meglio, di una trasmutazione grazie alla quale si produrrebbe la trasformazione di un elemento tra quelli disponibili in calcio.
A questo proposito si legga l'interessantissimo articolo pubblicato su Disinformazione, Louis Kervran: storie di ordinaria...rimozione; si tratta in ogni caso di evidenze che la 'scienza' non può ne vuole ancora prendere in considerazione.

IL LATTE E' UN ALIMENTO DIGERIBILE?

Il 'cucciolo' d'uomo dal momento dello svezzamento smette di produrre lattasi, l'enzima necessario alla digestione del latte. Da quel momento non ne sintetizzerà più per tutta la sua vita e perderà quindi la capacità di digerire in modo appropriato il latte di qualsiasi altra specie animale.
Questo dato di fatto è alla base di molti disturbi connessi al consumo di latte: coliti, disbiosi intestinali (e conseguente malassorbimento dei nutrienti e depressione del sistema immunitario), intolleranze e allergie.
Si stima che più di 2/3 della popolazione mondiale (c'è chi dice anche 3/4) sia intollerante a questo 'non alimento' e una proporzione anche più elevata presenti problemi di salute riconducibili al consumo di latte.


IL LATTE FA BENE ALLA SALUTE?

Detto delle ossa, del calcio e dell'osteoporosi poco sopra, elenchiamo brevemente altri problemi di salute riconducibili al consumo abituale di latte.

Carenze di ferro: il latte è responsabile di perdite ematiche nel sistema digerente.
Grassi Saturi: il latte contiene grassi saturi difficili da smaltire e colesterolo che affaticano le funzionalità di fegato, cistifellea, cuore. Può quindi favorire l'insorgenza di arteriosclerosi, eczemi, otiti, sinusiti, perdite vaginali, catarro, muco, cellulite e cisti.
Coliche addominali, diarrea e stitichezza: responsabili di malassorbimento dei nutrienti presenti nel cibo che mangiamo, disidratazione e astenia, asma e problemi cutanei.
Disbiosi intestinale: frequente nelle diete ad elevato tenore di proteine animali, inficia notevolmente le capacità di difesa del sistema immunitario.
Allergie: il latte è uno dei più diffusi allergeni rilasciando durante la digestione quantità elevatissime di antigeni responsabili di allergie.
Diabete: anticorpi contro proteine del latte vaccino sono responsabili della distruzione di cellule beta pancreatiche che producono l'insulina.
Cancro: la presenza dell'ormone della crescita IGF-1 sembra essere in relazione con l'accrescimento rapido di masse tumorali.
Acidosi metabolica: un'alimentazione ricca di proteine animali predispone a questa condizione dannosa per tutte le funzioni vitali; un 'terreno' acido predispone all'insorgenza di patologie acute, croniche e degenerative. Anche un eccesso di proteine vegetali è responsabile di stati di acidosi.

Infine il latte da produzione intensiva veicola notevoli quantità di sostanze tossiche:

- farmaci di ogni tipo, in prevalenza antibiotici, cortisonici, anabolizzanti, antidolorifici, antidiabetici;
- ormoni della crescita;
- liquidi organici quali sangue, feci e pus;
- sostanze di sintesi assimilate con i mangimi quali diserbanti e pesticidi.

Si stima che in Italia una percentuale compresa tra il 20% e il 40% di mucche venga 'dopata' illegalmente per tutto l'arco della propria esistenza per evitare di contrarre malattie e produrre più latte. Questo tipo di trattamento intensivo accorcia notevolmente la vita del bovino e mette seriamente a rischio la salute di chi, in buona fede, ne berrà il latte.


L'INDUSTRIA 'DOPATA' DEL LATTE

Uno sguardo disincantato sul processo produttivo del latte, affermatosi anche in Italia nella seconda metà del '900 sulla base dell'esempio degli allevamenti intensivi americani e ben lontano dalle immagini distorte della pubblicità in cui si propinano immagini di felici bovini al pascolo.

Le mucche, tipico esempio di animale da 'reddito, sono allevate con metodo intensivo e costrette a produrre fino a 10 volte la quantità che la Natura ha previsto per alimentare il proprio vitello. Per aumentarne la produttività vengono alimentate con 'bombe' proteiche (innaturali per degli erbivori) e imbottite di farmaci quali antibiotici al fine evitare di contrarre mastiti e altre malattie conseguenti lo stress cui vengono sottoposte. Capitolo a parte merita il Posilac, o somatotropina bovina ricombinante, ormone della crescita modificato geneticamente prodotto da una delle aziende più criminali del pianeta: Monsanto. Attualmente è utilizzato negli Stati Uniti mentre è vietato in Canada, Europa e numerosi altri paesi, sebbene Monsanto spinga periodicamente per invadere anche queste aree. Ciononostante esiste un 'antidoping' anche per le mucche nostrane e i risultati sono tutt'altro che rassicuranti: l'elenco dei farmaci e delle molecole proibite riscontrate ricorda un prontuario farmaceutico e l'utilizzo del Posilac (facilmente reperibile da oltreoceano o dai paesi dell'estremo oriente) è dato per certo. La percentuale di bovini dopati si attesta tra il 20% e il 40%. Per tutti gli altri è comunque consentito l'uso di farmaci entro certi limiti. Morale: tutte queste sostanze finiscono anche nei prodotti finiti: latte, carne, formaggi.

Tornando all'allevamento, in queste condizioni di stress òa vita media di una mucca da latte non supera i 6 anni di età, la stessa mucca al pascolo vivrebbe intorno ai 20 anni.
Un altro aspetto agghiacciante è quello relativo al destino dei vitelli, strappati letteralmente al seno della propria madre per evitare che ne sugga il latte e costretti a vivere in gabbie strettissime e ad alimentarsi con una dieta insufficiente in modo da renderli anemici e ottenere così carni più chiare e sfibrate (tenere...), tanto richieste e amate dai consumatori.


ALLORA, PERCHE' L'UOMO BEVE LATTE DI MUCCA?

Nell'immediato dopoguerra un'imponente, continua, assillante campagna mediatica ha reso il latte vaccino il prodotto che conosciamo oggi.
Fino ad allora veniva consumato saltuariamente e i formaggi erano prevalentemente ovini.
L'importazione del modello di allevamento intensivo dagli Stati Uniti d'America fece intravedere guadagni prima impensabili ai produttori e determinò la necessità di 'creare' un popolo di consumatori. Si fece così una propaganda senza precedenti a favore di un alimento coinvolgendo i mezzi di comunicazione e la classe medica, che fu indottrinata a dovere.


Ancora oggi molti medici, noncuranti del progresso compiuto dalle ricerche che ribaltano tutti i dogmi calati dall'alto, sono soliti suggerire per piccoli e adulti l'assunzione regolare di latticini come base di un'alimentazione corretta. Il caso dell'osteoporosi è persino imbarazzante e sintomatico di un modello di formazione obsoleto e di un'attitudine presuntuosa (o, siamo sempre li, interessata: più malati più soldi).

Oggi l'industria del latte è un carrozzone che fatica a mantenersi in piedi, specialmente in Italia, per il sovradimensionamento e la contemporanea presenza delle quote latte. Succede così che, paradossalmente, importiamo latte da altri paesi. La qualità è sempre più scadente, e non potrebbe essere altrimenti. Inoltre consapevolezze come quelle che state leggendo in questo articolo sono sempre più diffuse e prese in considerazione.
Ma gli interessi economici di un'industria così importante non guardano in faccia a niente, tanto meno alla salute e al benessere dei consumatori. La 'baracca' deve andare avanti e ingenti somme di denaro pubblico vengono periodicamente sottratte alle casse dello stato per finanziare questo mercato.

Da non sottovalutare l'aspetto 'dipendenza'. Questo è dovuto alla presenza di polipeptidi in grado di stimolare la produzione di endorfine in grado di indurre una sensazione di benessere.
Esiste inoltre un importante aspetto affettivo di dipendenza alimentato dallo stesso fatto di prolungare oltre l'età neonatale l'assunzione di 'liquido materno'. Il non saper fare a meno di latte in età adulta influisce anche a livello psichico ad alimentare forme di dipendenza.


di Andrea Vitali - En.Theos


Principali riferimenti bibliografici.

Visto che l'argomento è molto delicato e che mettere in dicsussione il latte è atto ai limiti dell'eresia, visto che potrà capitare di ricevere sberleffi se non addirittura insulti... Dovrete rendere conto di quanto affermate e dovete, in fin dei conti, anche a voi stessi un minimo di verifica e di supporto scientifico.
Chiudiamo quindi con una breve ma significativa carrellata di riferimenti bibliografici consultabili su PubMed, una delle librerie più fornite e autorevoli di pubblicazioni in ambito bio-medico.

- Sellmeyer DE, Stone KL, Sebastian A, Cummings SR A high ratio of dietary animal to vegetable protein increases the rate of bone loss and the risk of fracture in postmenopausal women. Study of Osteoporotic Fractures Research Group, Am J Clin Nutr 2001 Jan; 73(1):118-22
- Feskanich D, Willett WC, Stampfer MJ, Colditz GA Protein consumption and bone fractures in women, Am J Epidemiol. 1996 Mar 1;143(5):472-9
- Feskanich D, Willett WC, Stampfer MJ, Colditz GA Milk, dietary calcium, and bone fractures in women: a 12-year prospective study, Am J Public Health 1997 Jun; 87(6):992-7
- Kanis JA, Johansson H, Oden A, De Laet C, Johnell O, Eisman JA, McCloskey E, Mellstrom D, Pols H, Reeve J, Silman A, Tenenhouse A A meta-analysis of milk intake and fracture risk: low utility for case finding, Osteoporos Int. 2004 Oct 21; [Epub ahead of print]
- Frassetto LA, Todd KM, Morris RC Jr, Sebastian A. Worldwide incidence of hip fracture in elderly women: relation to consumption of animal and vegetable foods, 2000 Oct;55(10):M585-92.
- Hegsted DM. Fractures, calcium, and the modern diet, Am J Clin Nutr. 2001 Nov;74(5):571-3
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- Zemel MB, Schuette SA, Hegsted M, Linkswiler HM Role of the sulfur-containing amino acids in protein-induced hypercalciuria in men, J Nutr 1981 Mar;111(3):545-52.
- Hegsted M, Schuette SA, Zemel MB, Linkswiler HM Urinary calcium and calcium balance in young men as affected by level of protein and phosphorus intake, J Nutr 1981 Mar;111(3):553-62.
- Zemel MB: Calcium utilization: Effect of varying level and source of dietary protein.Am J Clin Nutr 1988; 48: 880-883. -Linkswiler HM, Zemel MB, Hegsted M, Schuette S: Protein-induced hypercalciuria. Fed Proc 1981; 40: 2429-2433.






RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI 

Gli italiani consumano troppi  antibiotici, spesso senza motivo e senza una prescrizione medica. Solo greci e ciprioti ci 'superano' in questa classifica di demerito. Questo porta ad una resistenza agli antibiotici sempre maggiore nel mondo.

Abbiamo già trattato questo argomento (Italiani e antibiotici: primato di abuso e disinformazione), ci ritorniamo in occasione di una nuova e imponente campagna di sensibilizzazione a cura di Agenzia Italiana del Farmaco e Istituto Superiore di Sanità.

“Antibiotici, difendi la tua difesa. Usali con cautela", questo il titolo della campagna che si svilupperà attraverso la diffusione di spot pubblicitari, locandine e affissioni pubbliche. L'obbiettivo è di mettere in guardia rispetto all' abuso di farmaci, all'automedicazione e all'interruzione delle cure antibiotiche prima del termine prescritto.
Noi riprendiamo e rilanciamo, sottolineando come la presenza massiccia di antibiotici negli alimenti di origine animale sia determinante nel produrre farmaco resistenza (resistenza agli antibiotici), immunodepressione e intossicazione dell'organismo.


ANTIBIOTICI: CATTIVE ABITUDINI

Buona parte delle patologie virali acute tipiche della stagione fredda si risolverebbe spontaneamente (e senza strascichi negativi) senza fare ricorso ai farmaci. Una corretta alimentazione insieme al rispetto dei tempi e dei ritmi della natura rappresentano 'la cura' più armonica ed efficace.

Senza entrare ulteriormente nel merito della scelta della cura antibiotica, vediamo di seguito gli errori più diffusi frutto di cattiva informazione e di una diffusa superficialità in materia di cure antibiotiche:

- fai da te;
ricorso ingiustificato al farmaco;
- interruzione anticipata della cura.

Troppo spesso all'insorgere dei primi sintomi influenzali, di un semplice raffreddore o di una febbre 'liberatoria' si tende a far ricorso alle cure antibiotiche pensando così di sopprimerne il decorso, mentre invece si insegna al corpo a diventare resistente agli antibiotici.
Bene... cioè, male: trattandosi di patologie di origine virale il ricorso all'antibiotico è completamente inutile (agisce sui batteri, non sui virus!) e si rivela dannoso per l'organismo per la sua tossicità (specialmente a carico del fegato), per i danni alle mucose del sistema digerente e per i colpi inferti al sistema immunitario, che diviene via via più debole e inefficace man mano che si fa ricorso a questo tipo di farmaco.

La massiccia e indiscriminata prescrizione di antibiotici in particolare da parte di  medici di famiglia e pediatri è sotto gli occhi di tutti. Non è un caso che la campagna dell'Agenzia Italiana del Farmaco sia rivolta esplicitamente a sensibilizzare anche i medici stessi su una materia che molti sembrano letteralmente aver perso di vista.

L'interruzione anticipata della cura rappresenta un altro aspetto deleterio. In pratica si interrompono le cure ai primi miglioramenti senza terminare il ciclo prescritto: questa 'pratica' scorretta di automedicazione alimenta lo sviluppo di resistenze, contribuendo ad uccidere i batteri più deboli e selezionare quelli più forti.


Resistenza agli antibiotici: Il caso New Dehli


Il super-batterio New Dehli, originario dell'India e in rapida diffusione nel resto del mondo, è resistente alla maggior parte degli antibiotici.

La Natura, anche nei suoi agenti patogeni, è di gran lunga più complessa e intelligente rispetto a qualsiasi tentativo di 'controllarla'. New Dehli è caratterizzato dal gene NDM-1, in grado di replicarsi in diverse forme batteriche e renderle farmaco-resistenti. L'abuso di farmaci e in particolare di antibiotici mette in moto un meccanismo di selezione sempre più accurato di organismi resistenti e al momento la 'medicina ufficiale' alza bandiera bianca dichiarando di non avere 'armi' contro questa ennesima mutazione a parte due molecole poco utilizzabili: la colistina per i suoi pesanti effetti collaterali e la tigeclicina per il suo funzionamento 'random'.


Resistenza agli antibiotici: ANTIBIOTICI NELL'ALIMENTAZIONE

Un aspetto primario, purtroppo non considerato da questo tipo di 'campagna' di sensibilizzazione, è quello alimentare.

Gli alimenti origine animale portano spesso con sè un pesante e indesiderato carico farmacologico, antibiotici sopra tutti.

Succede così a chi mangia regolarmente carne, latte e derivati di assumere regolarmente antibiotici: questo comporta fenomeni di intossicazione e immunodepressione, condizione favorevole all'insorgenza di patologie e a successivi fenomeni di resistenza farmacologica nel caso di cure a patologie specifiche. In poche parole, i farmaci smettono di essere efficaci perchè se ne assumono troppi!
Il rischio secondo tutti gli osservatori è che in futuro non si possa più disporre di possibilità farmacologiche nella cura delle infezioni, rendendo così temibili anche patologie attualmente innocue.

Ciò che preoccupa maggiormente è il rischio di non riuscire più a curare infezioni batteriche nel corso di interventi chirurgici, terapia intensiva e trapianti. Una preoccupazione tale da far costituire una task force internazionale che affronti il problema della farmaco-resistenza dei batteri.


ANTIBIOTICI: PERCHE' DI UN ABUSO E VIE D'USCITA

Le campagne di sensibilizzazione sono benvenute, tentativo lodevole di azione concreta, di rieducazione della classe medica e dell'opinione pubblica. L'antibiotico, farmaco 'pesante' da tutti i punti di vista, è infatti percepito con leggerezza e pericolosa superficialità.

Ma perchè siamo arrivati a questa situazione? 
Ci sono da recuperare decenni di cattiva educazione alla salute, informazione distorta, prescrizioni inadeguate, medici di base e specialisti lontani dalla loro missione e per contro 'sensibili' alle lusinghe delle aziende farmaceutiche.
In una prospettiva più ampia paghiamo l'affermarsi di una cultura di deresponsabilizzazione che incentiva alla 'dipendenza' sin dalla più tenera età. Un modello di comportamento in cui salute, felicità, benessere e obbiettivi personali non sono la diretta conseguenza di un impegno personale ma raggiungibili senza sforzi attraverso l'additivo del caso, sia esso un farmaco, una raccomandazione o un intervento di chirurgia estetica... Un ricorso determinante all'aiuto esterno comporta inevitabilmente risultati provvisori e per questo destinati ad abbandonarci alla prima 'vera' prova, innescando così nuovamente lo stesso percorso in una spirale discendente di valori e comportamenti.



E' possibile superare 
questo modello 'intossicato'? 

Realisticamente non è semplice, per dimensione e potenza degli interessi che lo alimentano.

In attesa di una stirpe illuminata di amministratori dei destini del pianeta, possiamo appellarci unicamente all'opportunità più concreta di cui disponiamo: noi stessi e l'esempio che attraverso le nostre scelte siamo in grado di manifestare a chi ci è vicino. Le nostre scelte e il nostro esempio come informazione attraverso cui  influenzare ciò che ci circonda.

Noi ci proviamo, nel nostro piccolo-grande, nel desiderio che si fa volontà concreta di condivisione di ciò che man mano impariamo.


Tacchi alti e salute dei piedi

scritto da Andrea Vitali 08/11/10 5 commenti





La salute dei piedi è fondamentale per la salute globale. I piedi ci mettono in relazione con la terra, sostengono e contribuiscono all'equilibrio, permettono il movimento nello spazio.

Hanno un ruolo importantissimo nel sistema circolatorio venoso, costituendo un'autentica pompa meccanica per il ritorno del sangue al cuore.

Infine, attraverso i piedi è possibile interagire con le zone riflesse dei principali organi vitali, muscolatura e tessuti, secondo l'antica scienza della riflessologia plantare, disciplina naturopatica di riequilibrio e guarigione che agisce in modo sorprendente sul piano psicoemofisico.

Oggi ci occupiamo della salute fisica dei piedi, importantissima in quanto dai piedi e in particolare dalla scelta delle calzature che indossiamo possono dipendere molti disturbi a carico di articolazioni, muscolatura e colonna vertebrale.

Di seguito riportiamo l'articolo pubblicato su La Repubblica da Fabio Lodispoto (Ortopedia e Traumatologia, Spec. in Medicina dello Sport, Roma).


Scarpe, i guai del tacco alto
Ecco qual è la formula giusta

Evitare calzature sbagliate e sostituirle appena mostrano i segni dell'usura.

Meglio provare quelle nuove nel pomeriggio quando il piede ha il suo volume standard.
Tutti i segreti per prevenire la metatarsalgia...

La scarpa ideale non esiste, meglio scalzi secondo pediatri e fisiologi. La scarpa è un compromesso tra l'esigenza di proteggere il piede e il desiderio di assecondare canoni estetici. Tuttavia se la scarpa ideale non esiste, si dovrebbe tentare almeno di evitare le calzature sbagliate e sostituirle non appena mostrano segni di usura eccessiva o scorretta.

Consigli per l'acquisto delle scarpe col tacco:

Meglio acquistare le calzature nel pomeriggio quando il piede ha il giusto volume, la sera risultano infatti più gonfi ed al mattino troppo asciutti per la posizione orizzontale della notte appena trascorsa. Per verificare usura e difetti acquisiti con l'uso, la scarpa va osservata appoggiata su un piano rigido: la suola deve essere in contatto con il piano d'appoggio nella parte interna e esterna, non deve avere la punta curvata in alto e la suola non deve essere consumata oltre un terzo del suo spessore originario. Vista dall'alto la scarpa non si deve accomodare su un lato e non deve mostrare la piega trasversale troppo obliqua (segno di rigidità dell'alluce).

Di sicuro nella top ten delle calzature sbagliate ci sono quelle con il tacco alto. Un accessorio femminile che conferisce sensualità all'incedere, ma dannoso all'appoggio plantare, allo schema del passo ed alla postura. Tre centimetri di tacco bastano a trasferire il peso dal tallone all'avampiede. Sei centimetri incrementano il peso sui metatarsi del 57% e nove centimetri fanno scaricare il 76 % del peso corporeo sulla punta del piede, alleggerendo il tallone così sollevato da terra.

La metatarsalgia è il primo effetto scatenato dalle scarpe con tacco alto, specie se la punta della calzatura è stretta. Si tratta di una infiammazione e di sintomi dolorosi che colpiscono l'avampiede sotto l'attaccatura delle dita, più di frequente le tese dei metatarsi e la loro articolazione.

Di qui il termine metatarsalgia che significa dolore ai metatarsi. Un'altra frequente e temibile infiammazione che colpisce l'avampiede spesso scatenata dall'uso prolungato di scarpe a tacco alto è il neuroma di Morton.



Si tratta di un dolorosissimo nodulo che si sviluppa tra il terzo e quarto dito del piede sulla biforcazione di un piccolo nervo sensitivo.

I suoi sintomi sono tipici: dolore urgente e la sensazione di un sassolino o di un chiodo nella scarpa che insiste sotto il punto dolente, tanto che chi ne è colpito a volte per strada è costretto a fermarsi per togliere la calzatura e massaggiare il piede. Non solo: il peso che grava sulle dita accelera la predisposizione individuale a sviluppare l'alluce valgo e le dita deformate a martello. Metatarsalgie, neuroma di Morton e deformità delle dita come l'alluce valgo e dita a martello necessitano dell'intervento chirurgico: meglio limitare l'uso dei tacchi alti a poche e selezionate occasioni.

Se l'uso dei tacchi alti è quotidiano e per molte ore al giorno, nel tempo si produce un altro temibile effetto: il tendine di Achille e i muscoli del polpaccio si accorciano. Con il tallone sollevato il piede è bloccato in posizione di equinismo (come nella spasticità) e non ha la possibilità di articolare la caviglia alternando flessione ed estensione. Di qui la brevità permanente dei muscoli e dei tendini e la difficoltà nei casi più severi di indossare calzature con il tacco basso o senza tacco pena dolori e infiammazioni al tendine di Achille ed ai muscoli del polpaccio e una innaturale, ma ormai acquisita deambulazione con schema del passo invertito punta/tallone, anziché tallone/punta.

Ma i danni da tacchi alti possono prodursi anche in modo acuto: con una distorsione di caviglia. Più il tacco è alto e il tallone lontano da terra e l'appoggio ridotto (tacchi a spillo), più è alta l'incidenza di distorsioni della caviglia. Nei casi lievi si produce una lesione di primo grado di uno dei legamenti del piede, che richiede solo l'uso di una cavigliera elastica e riposo per circa 10-15 giorni e l'uso locale di ghiaccio e antinfiammatori. In casi più gravi serve il chirurgo.

 
Tempo fa pubblicammo un articolo del dr. Perugini Billi sui cosmetici tossici. 

Lo trovate alla pagina: Cosmetici tossici: un contributo dalla medicina. 


In questo post vogliamo mettere in evidenza due contributi dal web (uno sempre di Francesco Perugini Billi) che riguardano nello specifico i siliconi ed i parabeni usati nei cosmetici e nei detergenti per la persona.



 

COSMETICI TOSSICI: SILICONI

Da Skineco:


I siliconi in cosmesi

Conosciuti da decenni, solo agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, quindi da poco meno di vent'anni, sono stati introdotti massicciamente nelle preparazioni cosmetiche. Sono composti che non si trovano in natura, a base di silicio; se la natura produce tutta una serie di composti a base di carbonio, l'uomo ha prodotto in laboratorio analoghe sostanze a base di silicio, capaci di creare lunghe catene di legami chimici e dalle caratteristiche molto differenti.

I siliconi cosmetici

Tutti conoscono il silicone che si utilizza per le impermeabilizzazioni e per il fissaggio di materiali edili, si sa che il silicone viene utilizzato per protesi estetiche, ma meno conosciuto è il suo uso in cosmesi. Eppure gran parte dei prodotti cosmetici lo contengono, per le caratteristiche peculiari che ha.

Esistono moltissimi tipi di siliconi cosmetici, che vanno da quelli ciclici, con struttura ad anello, che sono pochissimo untuosi ed evaporano in poco tempo (cyclomethicone, cyclopentasiloxane, cyclohexasiloxane), a quelli mediamente unti e che non evaporano (dimethicone e composti) a quelli molto untuosi e pesanti, come il dimethicone copolyol.

Sono sostanze cha hanno ottime caratteristiche per il formulatore cosmetico, il quale considera che:

  • sono leggeri e non danno la stessa sensazione di untuosità dei grassi vegetali
  • conferiscono un'impareggiabile tocco setoso sulla pelle
  • sono resistenti al calore e all'ossidazione, e non forniscono terreno di coltura per i batteri
  • abbattono la schiuma, ovvero evitano il formarsi della scia bianca mentre si spalma una crema, anche in percentuali molto basse
  • non danno allergie, non penetrano all'interno della pelle
  • sono idrorepellenti
  • aumentano la performance dei filtri solari sia chimici che fisici 

    Con essi, quindi, si possono formulare per esempio creme solari che resistano all'acqua, creme viso che diano un'immediata sensazione di efficacia a causa dell'effetto seta che donano alla pelle dove vengono spalmati, creme corpo non untuose ma vellutanti, prodotti per capelli che lucidano e non appesantiscono, fondotinta che si spalmano in un velo uniforme con ottima resa cosmetica.

    Prodotti senza difetti? In realtà no

    Utilizzati al posto degli emollienti vegetali nelle creme hanno il difetto di non penetrare e non essere complessati in alcun modo dalla pelle, non nutrire affatto. E di questo si accorge chi si applica creme siliconiche convinto di fare bene alla pelle, che invece si disidrata sempre più.

    Spesso vengono utilizzati per mascherare formulazioni scadenti, povere di principi attivi: danno appagamento immediato con la sensazione di pelle setosa, ma il cosmetico altro non fa.

    Utilizzati sui capelli danno buoni risultati estetici alle prime applicazioni, poi la chioma, appesantita da siliconi che si depositano e non riescono ad essere lavati via, diventa floscia e senza corpo.

    Sembra che i siliconi più leggeri (quelli ciclici) secchino particolarmente la pelle dove vengono applicati e siano particolarmente controindicati in caso di pelli che necessitano di idratazione, ma per ora non ci sono studi in merito, solo evidenze cliniche di dermatologi attenti e testimonianze raccolte presso le utilizzatrici di cosmetici di questo tipo. 

    È ventilabile l'ipotesi di una vera a propria sensibilizzazione ai siliconi.

    Infine, con un occhio all'eco-compatibilità, i siliconi non sono assolutamente biodegradabili, finiscono negli scarichi fognari tal quali e poi si accumulano nell'ambiente.

    In sintesi, fino a una concentrazione del 2% circa sono tollerabili e la loro presenza migliora le perfomances delle formulazioni cosmetiche, in percentuali troppo elevate (posti alti dell'INCI), non sono invece dermococompatibili e producono una situazione di ingannevole soddisfazione cosmetica.

    Il Sentiero della Natura
    Quali sono i siliconi sintetici 
     usati in cosmesi?

    • dimethicone, 
    • cyclomethicone,
    • amodimethicone,
    • altri terminanti in -one.
    • Cyclopentasiloxane,
    • altri terminanti siloxane,
    • terminanti in –silanol.



    COSMETICI TOSSICI: PARABENI


    Scritto dal dott. Francesco Perugini Billi.

    Cosmetica tossica - I Parabeni


    I parabeni sono conservanti presenti nei cosmetici e nei prodotti per bambini.

    Sarebbero circa 175 le diverse sostanze chimiche che ogni donna giornalmente si "spalma" sulla propria pelle, quando si fa bella. L'industria cosmetica, infatti, utilizza circa 13.000 sostanze di sintesi e di emisintesi nei propri prodottii. La cosa che molti non sanno è che la gran parte di queste non è stata sufficientemente studiate sotto il profilo della tossicità.



    Il EWG (Environmental Working Group) americano ha calcolato che :


    - su 7500 prodotti commerciali solo 28 sono stati testati per la loro sicurezza


    un prodotto ogni 120 contiene una sostanza cancerogena e


    - che un terzo dei prodotti contiene almeno una sostanza classificata come potenzialmente cancerogena.

    L'assorbimento del cocktail di cancerogeni, conservanti, mutageni, allergizzanti e metalli pesanti a livello cutaneo è ulteriormente  facilitato dalla presenza nei cosmetici di fattori umettanti e idratanti (che però sono innocui).

    Tra le sostanze potenzialmente pericolose, voglio citare i parabeni, utilizzati come conservanti


    I parabeni sono presenti sulle etichette come:
    • metyl-,
    • ethyl-,
    • butyl-, 
    • propyl- paraben 


    Queste sostanze sono seriamente sospettate di essere cancerogeni. 

    Lo sarebbero soprattutto quando vengono applicati sulla pelle. L'assorbimento cutaneo, infatti, trasformerebbe queste molecole in una forma attiva cancerogena.

    Nel 2004, l'oncologa Drssa Philipa Darbre, dell'Università di Reading (UK) ha trovato i parabeni in tutti i campioni di tessuto cancerogeno mammario da lei analizzati.

    Le ridotte dimensioni dello studio (solo 20 campioni), dovute alla mancanza di fondi che la Drssa ha cercato inutilmente per anni, non dimostrano (almeno per ora !) che i parabeni sono la causa del tumore, ma dimostrano con certezza che queste sostanze tendono ad accumularsi nei tessuti.

    I parabeni fanno parte di un vasto gruppo di sostanze chimiche denominate xenoestrogeni o "disruttori ormonali", sostanze estranee all'organismo capaci di imitare gli estrogeni, che sono potenti stimolanti della crescita e della trasformazione maligna delle cellule mammarie. 


    Come altri xenoestrogeni, i parabeni una volta nei tessuti umani possono rimanervi per decenni, agire indisturbati e provocare malattie a distanza di 20-30 anni. Alcuni studiosi sono convinti che l'enorme presenza di xenoestrogeni nell'ambiente e nella catena alimentare sia una delle cause del tumore alla mammella (aumentato negli ultimi decenni), delle cisti ovariche, dell'endometriosi, dell'infertilità delle coppie (1 coppia su 5 ha problemi di fertilità e nel 50% dei casi l'origine è maschile) e del cancro ai testicoli (aumentato del 3% negli ultimi anni). I pesticidi presenti nell'alimentazione sono anch'essi dei "disruttori ormonali".




    Se andate in un supermercato, in profumeria, in farmacia o in erboristeria noterete che la maggior parte dei cosmetici e dei prodotti per l'igiene contengono parabeni. La cosa raccapricciante è che si trovano anche in molti prodotti cosiddetti "naturali" o spacciati per "ecologici". I parabeni sono nelle creme per il viso, negli struccanti, nei detergenti intimi, nei deodoranti, nei dentifrici e negli shampoo. Molti prodotti per bambini li contengono. Sono anche nelle creme solari e nei doposole. Un recente studio giapponese ha dimostrato che con l'esposizione alla luce UV del sole, i parabeni accelerano l'invecchiamento della pelle.

    E' incredibile, ma l'industria del cosmetico finanzia la ricerca contro il cancro alla mammella e nello stesso tempo fa soldi vendendo prodotti che contengono sostanze che il cancro probabilmente lo provocano.

    I parabeni sono legalmente autorizzati nell'Unione Europea e l'industria cosmetica giura sulla loro innocuità. Purtroppo, dagli allarmi dei ricercatori ai provvedimenti restrittivi spesso passano decenni. Gli interessi economici e politici sono sempre enormi. La storia recente è piena di sostanze chimiche (farmaci, pesticidi, insetticidi, additivi alimentari, ecc.) che sono state immesse sul mercato come innocue e poi dopo anni vietate perché risultate tossiche o cancerogene. E voi, avete voglia di aspettare ? 



    Leggete anche: Cosmetici Tossici.


    I PARABENI NEI DEODORANTI


    Dal sito di Agnese Zanetti (autrice dell'estratto dell'articolo che sotto riporto).


    Condividiamo con Agnese soprattutto l'idea che tutto ciò che non puoi ingerire non fa bene nemmeno alla pelle. Infatti tanti sono i nostri articoli dedicati agli oli naturali con la doppia funzione: alimentare e cosmetica (vedi olio di germe di grano).


    Riportiamo un estratto del suo articolo in cui dettaglia ognuno dei 4 parabeni presenti nei deodoranti ed in tutti i prodotti cosmetici chimici, quindi tossici.




    PARABENI E DEODORANTI


    Ultimamente, osservando alcuni prodotti in erboristeria, ho visto che molte creme e trucchi portavano la dicitura senza parabeni.
    Da lì la volontà di capire per quale motivo viene evidenziata tale dicitura. Non sarà mica che i parabeni sono tossici?

    Premetto che sono della filosofia che se UNA COSA NON LA PUOI INGERIRE SENZA SUBIRE DANNI, ALLORA TANTO MENO È MEGLIO SPALMARSELA ADDOSSO. [...]



    METHYLPARABEN (E 218)
    Già dal primo parabene, si possono trovare un po’ di contraddizioni, ma pare che questo agente anti irritante e antibatterico sia considerata una sostanza sicura.
    Nonostante ciò, comunque un piccolo gruppo di persone ha mostrato reazioni allergiche a questa sostanza nonostante paia come quella indicata anche per chi ha una pelle particolarmente sensibile.

    ETHYLPARABEN (E 214)
    Di questo parabene si hanno ben poche informazioni in giro ma pare che sia simile al methylparaben a livello di tossicità, ovvero poca o assente.

    PROPYLPARABEN (E219)
    Questo conservante, invece, è un’altra storia rispetto i precedenti.
    Infatti è più facile che questa sostanza sia irritante, e può colpire in particolare occhi, pelle, tratti intestinali e respiratori attraverso, rispettivamente, l’ingestione e l’inalazione.
    Inoltre, insieme al butyl paraben, degli studi hanno evidenziato un potenziale rischio per la fertilità maschile in quanto pare che entrambi interferiscano con il ciclo riproduttivo con l’eliminazione di parte degli spermatozoi.

    BUTYLPARABEN (E 216)
    Più o meno la stessa cosa del compare sopra, il propylparaben.


    Ad ogni modo, tenete presente che uno studio su dei tessuti prelevati da donne con cancro al seno, ha trovato in 18/19 (le informazioni oscillano su questi due dati) campioni su 20, la presenza di parabeni. 

    Ciò non può probabilmente dimostrare una correlazione tra tumori al seno e parabeni ma di certo dimostra che questi VENGONO ACCUMULATI ALL’INTERNO DEL NOSTRO ORGANISMO E NON, QUINDI ESPULSI. 

    Questo non è un buon segno visto anche che questi conservanti possono essere causa di una lieve alterazione della funzionalità del sistema endocrino.

    Al solito, nel dubbio, io preferisco DIFFIDARE da deodoranti con parabeni.

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    Grazie ai siti che abbiamo citato per le informazioni che hanno condiviso sul web.



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